Perché Israele non vuole concludere ora la guerra?

 Netanyahu insiste nel voler andare avanti con le operazioni a Gaza, nonostante le pressioni e i rimproveri di Biden. 

Il motivo è che Israele a oggi non ha ancora raggiunto nessun obiettivo.

Dopo due mesi di conflitto i sionisti, a parte la distruzione di Gaza, una sorta di pena inflitta per gli attacchi senza precedenti del sette ottobre (per certi aspetti è normale che Israele abbia reagito in questo modo scomposto; visto che la sconfitta inflitta il 7 ottobre è da ritenersi come qualcosa di mai visto prima. Più grave è il "reato", più grave è la "pena"). 

In un post avevamo elencato gli obiettivi prefissati di Israele: 

1. Liberare gli ostaggi senza contropartite 

2. Un cambio di regime a Gaza a favore di Al Fatah 

3. Annullare l'ala militare di Hamas 

4. Costringere gli abitanti di Gaza a spostarsi in massa in Egitto 

5. Occupare Gaza creando una zona cuscinetto con Israele stabilendo in modo permanente militari di Tzahal nel nord della Striscia 

6. Fomentare rivolte interne contro Hamas, come "responsabile morale" dei bombardamenti 

Nessuno di questi è stato raggiunto e anche il nord di Gaza non è completamente in mano agli israeliani visto che ieri proprio in questa zona Hamas ha ucciso secondo fonti sioniste e occidentali 10 soldati di Israele.

Netanyahu a rigor di logica non può terminare le operazioni ora, visto che in una probabile commissione di inchiesta sui fatti del 7 ottobre scorso egli di fronte alle autorità e all' opinione pubblica israeliana deve riuscire a difendersi affermando ad esempio: è vero che il 7 ottobre ci hanno preso di sorpresa (e il primo ministro se ne è già lavato le mani a metà ottobre incolpando i servizi segreti e le forze armate) ma d'altro canto abbiamo eliminato Hamas da Gaza, oppure è vero che il 7 ottobre è stato per noi una sconfitta, ma siamo riusciti in cambio a mandare via un milione di palestinesi da Gaza in Egitto. Oppure, siamo riusciti a mettere in sicurezza Gaza e ora per i prossimi dieci anni non partirà più nessun razzo da Gaza, ecc....

Ma fino a quando Netanyahu non potrà affermare queste cosa di fronte a una probabile commissione di inchiesta, tralasciando quello che oggi stesso lui dice ai media (ovviamente spesso quando egli parla di grande vittoria contro Hamas abbiano a che fare con la propaganda di guerra, queste sono cose a cui nessuna persona normale in Israele crede), la guerra andrà avanti, perché Netanyahu ha bisogno di dati tangibili riguardo alla vittoria su Hamas. 

E i dati tangibili più importanti, forse ancora più importanti della liberazione degli ostaggi, sono: 1. La fine del governo di Hamas a Gaza, sul modello della Cisgiordania. Questo non vuol dire che a Gaza deve esserci per forza un governo guidato da Al Fatah, ma vuol dire che il pericolo proveniente da Gaza deve essere simile al pericolo che viene dalla Cisgiordania. Oggi e negli ultimi anni da Gaza partono e sono partiti razzi e assalti ai Kibbutz, dalla Cisgiordania non parte quasi nulla, se non qualche attentatore suicida una volta ogni morte di Papa, e qualche scaramuccia tra palestinesi e coloni. Questo, se raggiunto, è un obiettivo di cui Netanyahu potrebbe andare fiero e che metterebbe in ombra il 7 ottobre. 2. La fine degli attacchi e del lancio perpetuo di razzi da Gaza. A prescindere da chi governa Gaza o una parte di essa (Tzahal, Hamas, Onu, Abu Mazen, Egitto, Arabia saudita, i coloni ebrei ecc...) l'importante per Israele è la fine degli attacchi da Gaza (anche a prescindere da chi lancia i razzi: Hamas, Jihad, Pinco pallino). È vero che i razzi di Gaza hanno poca forza distruttiva, ma sono pur sempre una spada di Damocle sulle teste di chi vive a sud di Tel Aviv, tanto è vero che se mezzo milione di Israeliani hanno abbandonato il paese negli ultimi due mesi, allora gli attacchi da Gaza nel lungo periodo sono un vero problema per Israele è non solo una cosa simbolica. 3. Un'altra cosa importante per Netanyahu è che un ampio numero di abitanti di Gaza abbandonino la Striscia. Questa potrebbe essere una grande vittoria per Israele. Il fattore demografico è sempre stato un punto strategico per i sionisti; mantenere un vantaggio numerico sui palestinesi da un lato e diminuire il consenso per Hamas nella Striscia indeboliscono fortemente la lotta all' occupazione della Palestina. Meno Gazawi ci sono, meno Hamas ha possibilità di prosperare nella Striscia e controllare Gaza sarebbe molto più facile per Israele. La durezza dei bombardamenti israeliani serve proprio a convincere i palestinesi ad andarsene in Egitto o da qualsiasi altra parte sul modello della Nakba. 

Il problema per Netanyahu è che per raggiungere questi obiettivi che decreterebbero una vittoria importante per Israele ci vuole tempo, qualche mese non basta. 

Per questo gli israeliani vogliono prolungare il conflitto fino al raggiungimento di almeno uno di questi obiettivi, non raggiunti a oggi. 

D'altro canto Israele ha bisogno del sostegno di Potenze estere visto che è un paese piccolo, senza autonomia economica e profondità strategica. Senza il sostegno militare americano, finanziario degli ebrei occidentali, senza i rifornimenti che arrivano dalla Turchia, dagli Emirati ecc. Israele non può portare avanti un conflitto nel lungo periodo. 

Per questo il conflitto in corso è soprattutto un conflitto basato sulla pazienza e sulla resilienza. Chi tra Gaza e Israele riuscirà a resistere di più di fronte ai problemi esistenti, avrà la meglio e potrà cantare vittoria. Se Israele riuscirà a ricevere in modo stabile i rifornimenti ottenuti in questi due mesi, il conflitto andrà avanti e Israele potrà almeno tentare di raggiungere gli obiettivi che desidera. D'altro canto il problema principale di Gaza è la mancanza di cibo e medicinali. Bisognerà vedere fino a che punto la gente potrà permettersi di rimanere a Gaza e non fuggire in Egitto, uno degli obiettivi importanti di Israele. È una lotta contro il tempo, sia per Netanyahu che per Hamas. Il primo preferisce una guerra lunga, nonostante il fronte interno e la situazione internazionale, il gruppo palestinese preferisce la fine delle ostilità a breve, il che, visto il non raggiungimento degli obiettivi importanti di Israele in questi due mesi, e nonostante la devastazione a Gaza, sarebbe comunque un punto a suo favore, visto che in guerra di per sé la distruzione non conta, ma conta l'effetto che produce politicamente.


Commenti